Biografilm Festival 2020. In concorso The earth is blue as an orange di Iryna Tsylik.

di EMILIANO BAGLIO 10/06/2020 ARTE E SPETTACOLO
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“…Vorrei dirvi che quello che state per vedere è la storia di una famiglia. La nostra famiglia. Ma è anche la storia della nostra città…”.

Così Anna presenta ai suoi concittadini il film realizzato da sua figlia Myra con la collaborazione di tutta la famiglia.

Iryna Tsylik, la regista di The earth is blue as an orange non ci mostra le immagini del lavoro di Myra ma le reazioni del pubblico nel rivivere attraverso quella proiezione il dramma che tutti loro hanno vissuto sulla loro pelle.

The earth is blue as an  orange è un’emozionate lavoro meta cinematografico.

Iryna Tsylik ha realizzato un documentario su Anna, Myra e gli altri componenti di questa famiglia mentre gli stessi sono intenti a portare avanti il progetto della figlia maggiore, ovvero raccontare attraverso le immagini la loro esperienza.

Anna, madre di quattro figli, ha infatti deciso di rimanere a vivere nel Donbass, zona dell’Ucraina che dal 2014 è devastata da una guerra.

Sua figlia Myra, si sta preparando per entrare nella scuola di cinema e contemporaneamente, con l’ausilio dei suoi parenti, usa la sua passione per esorcizzare demoni e paure di un vissuto così traumatico.

Si tratta di un lavoro collettivo in cui ognuno ha un suo ruolo. Dalle interviste ai fratelli più piccoli, al montaggio curato da Anna, sino alla ricostruzione di ciò che tutti loro hanno vissuto.

Tsylik riprende al tempo stesso la realtà e la sua ricostruzione messa in scena dai protagonisti della sua pellicola in un esaltante cortocircuito tra realtà e finzione.

Da una parte, ovunque, sono presenti le tracce della guerra. Eppure Myra, Anna e tutti gli altri affrontano questa quotidianità cercando di mantenere una normalità.

Non a caso, ad un certo punto, madre e figlia discutono su come far percepire la distruzione della città all’interno del loro film.

Rispetto a questa realtà esterna il nucleo familiare rappresenta un rifugio sicuro.

Il risultato è che lo spettatore vive l’esperienza della guerra tramite i ricordi dei vari familiari, la ricostruzione delle notti passate nello scantinato o la messa in scena, con la complicità di alcuni militari, del momento in cui Anna chiese medicinali per curare il figlio malato; il tutto intrecciato con la vita di tutti i giorno, dalle file per il cibo ai bombardamenti che colpiscono la casa vicina.

Invece di riprendere direttamente la guerra Tsylik usa questa struttura meta cinematografica per offrirci una rappresentazione fittizia di eventi comunque realmente accaduti.

Ne esce fuori un ritratto a tutto tondo della realtà ucraina in cui, ad esempio, i padri sono totalmente assenti e tutto il peso di portare avanti la famiglia ricade sulle donne lasciate sole.

Momenti comici ed emozionati si alternano ai terribili ricordi di queste persone, come nella sequenza in cui la nonna ricorda i momenti in cui c’erano siano a 28 bombardamenti al giorno.

Ma è soprattutto attraverso le interviste realizzate da Myra ai suoi familiari che emergono le ferite che la guerra ha lasciato sulla loro psiche.

The earth is blue as an orange però non è solo il racconto di una guerra dimenticata, non è solo un saggio di metacinematografia, una messa in scena di un’ulteriore messa in scena.

Soprattutto è un atto di amore nei confronti del cinema.

L’arte diventa il mezzo attraverso il quale, alla fine, un’intera comunità affronta le proprie ferite in una sorta di autoanalisi collettiva.

I cittadini di questa città si sciolgono finalmente in lacrime e risate solo nel buio della sala cinematografica.

Perché questo è il potere catartico della magia del cinema.

 

EMILIANO BAGLIO


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